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LinkedIn è un social network professionale che permette ai suoi utenti di pubblicare online il proprio profilo, qualcosa di simile ad un curriculum vitae, ma non solo:
“Lo scopo principale del sito è consentire agli utenti registrati il mantenimento di una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo. Le persone nella lista sono definite “connessioni”, ed esse sono in effetti le connessioni di un nodo (l’utente) all’interno della rete sociale. L’utente può incrementare il numero delle sue connessioni invitando chi di suo gradimento.” (fonte: Wikipedia)
È un servizio pensato per chiunque e adatto a tutti, non solamente a informatici, economisti, manager e commerciali.
È una vetrina aperta a chiunque desideri rendere (più o meno) pubblico il suo profilo professionale, le sue esperienze, la sua storia lavorativa e le aspettative future. La sua diffusione e popolarità, in costante crescita anche in Italia, rappresenta un modo diretto ed estremamente efficiente per farsi trovare, conoscere ed apprezzare, accelerando tutta la fase di comunicazione iniziale fra chi offre lavoro e i potenziali candidati.
Essendo un raccoglitore di profili, la ricerca di personale (effettuata da HR o da aziende) restituisce un grande numero di curriculum. Più un profilo è completo, più è probabile che comparirà tra i primi risultati della ricerca.
Perchè Creare un Profilo LinkedIn
Prima di iniziare a creare il proprio profilo su LinkedIn, è importante ed utile porsi qualche domanda, come le seguenti
-serve davvero pubblicare un profilo in Rete?
-quali motivazioni spingono ad avere un profilo sulla Rete?
-quali dati si è disposti a pubblicare sulla Rete?
-a cosa si aspira e cosa ci si aspetta di ottenere?
-si è pronti a gestirlo con continuità?
-chi è il “pubblico” di riferimento?
Esistono infinite domande che ci si può porre in merito a questo servizio, ma queste sei generalmente bastano per valutare le proprie esigenze e determinare se esso può davvero rappresentare un’opportunità oppure un inutile peso.
Sull’utilità del servizio LinkedIn non ci sono dubbi: è un ottimo strumento di comunicazione e presentazione personale. I risultati tuttavia non dipendono solamente dai contenuti, cioè dall’esperienza individuale messa nero su bianco, ma anche dall’impegno profuso nel realizzarlo e nella costanza nel migliorarlo, perfezionarlo e aggiornarlo costantemente.
Non è di certo una passeggiata e richiede volontà, serietà ed impegno: senza convinzione, ci si stanca piuttosto facilmente e in fretta, soprattutto se non si vede un ritorno immediato dal punto di vista dei contatti e delle offerte di lavoro.
Tuttavia, fra tutte le scuse che si possono addurre per non dedicarsi al proprio progetto LinkedIn, la canonica «Non ho nulla da scrivere!» è certamente la meno credibile: nessuno è mai davvero così scarso come sostiene di essere.
Spesso è solo pigrizia a parole, ma in altri casi è semplicemente la poca autostima, la poca conoscenza di sé stessi e la poca consapevolezza del proprio passato.
Nulla di realmente insormontabile, comunque. Di solito basta insistere o interrogarsi ripetutamente sulla domanda
Cosa hai fatto finora? Quali altre esperienze hai avuto?
per produrre l’effetto sperato. Di solito si parte un po’ titubanti, scettici e refrattari a parlare di sé stessi ma poi, piano piano, si arriva a sciorinare una lunga serie di voci-esperienza dettagliate al punto che alla fine, fra l’incredulo e l’incerto, quasi ci si complimenta con sé stessi.
Profilo vs Curriculum
A dispetto di quanto si può supporre o si sente in giro, LinkedIn non è paragonabile né è un sostituto perfetto per un curriculum vitae, ma piuttosto qualcosa di complementare ad esso. Questo perché:
il profilo serve a farsi trovare su Internet, ad incuriosire il lettore ed eventualmente a favorirne il contatto, mentre il CV serve a presentarsi e a farsi conoscere davvero, in profondità;
nessuno, a meno che abbia davvero poco a cuore la sua privacy, pubblica informazioni personali con dettagli sensibili sulla Rete;
nella vita reale non sempre basta aver pronto un singolo CV in un singolo formato, per cui è ben difficile che possa bastare un singolo profilo online;
LinkedIn è molto più di un CV: è un social network professionale composto da contatti e che racchiude concrete opportunità lavorative, non è un singolo, semplice ed “inerte” documento-cronistoria della vostra vita.
Il profilo, al massimo, potrà contenere un sottoinsieme delle informazioni che verranno più diffusamente trattate nel CV: sono e devono rimanere documenti separati perché non fanno la stessa cosa.
Selezione della lingua del profilo.
Da qualche anno LinkedIn offre la possibilità di aggiungere più versioni, ossia traduzioni in più lingue del profilo. In alto, sulla destra del profilo compare un apposito link per aggiungerne di nuovi. La prima versione-traduzione scritta diventa automaticamente la predefinita.
Non è obbligatorio scrivere più versioni e certamente lo sforzo aumenta col numero delle varianti da mantenere. Nonostante ciò, prepararne almeno un paio, ad esempio in italiano e in inglese, può risultare molto vantaggioso in termini di visibilità sulla Rete: ognuna di essa è indicizzabile ed aumenta così la possibilità di essere trovati direttamente dai motori di ricerca.
Inoltre, un profilo scritto in una lingua straniera, se è ordinato e non contiene errori di grammatica, può rappresentare un buon punto di partenza, immediato e lampante, per dimostrare al lettore che la si conosce davvero.
Nel caso si scelga di creare più versioni, è fondamentale mantenerle sempre sincronizzate. Mai aggiornarne una senza propagare le modifiche anche alle restanti; si segua cioè l’approccio: tutto sincronizzato o niente.
Allo stesso modo, mai mischiare più lingue in una singola versione del profilo LinkedIn, altrimenti quest’ultimo apparirà illeggibile.
È bene non farsi prendere dalla foga di tradurre tutto, ma proprio tutto. Ci sono cose che è bene lasciare non tradotte per una ragione di coerenza ed opportunità: se proprio si vuole, si può sempre aggiungere qualche dettaglio in più, giusto per far capire all’interlocutore straniero di cosa si sta parlando.
Ad esempio, nel caso dei titoli delle tesi di laurea, decidere arbitrariamente di tradurli direttamente e senza alcuna nota a corredo potrebbe generare equivoci con l’eventuale lettore straniero. Inoltre non è corretto cambiare a posteriori i titoli di documenti ufficiali. Ha invece senso aggiungere la traduzione, ma solo dopo aver riportato il titolo originale, così come appare.
Volendo si può sempre aggiungere una stringata descrizione o una collezione di parole-chiave per far capire gli argomenti trattati.
Come Iniziare a Scrivere il Profilo LinkedIn
Completare il proprio profilo su LinkedIn non è particolarmente difficile, pianificare come farlo semplifica le cose.
Il primo passo consiste banalmente nell’iscriversi oppure nel farsi invitare da amici e colleghi, completare rapidamente i pochi campi indispensabili alla registrazione e inserire le prime informazioni, come le scuole frequentate e l’attuale posto di lavoro.
LinkedIn le userà per proporre alcune persone già iscritte che si potrebbero conoscere, per via del comune percorso di studi o delle aziende presso cui si ha lavorato.
In LinkedIn le persone con cui si entra in contatto stabilmente si chiamano collegamenti: tutti insieme costituiscono la cosidetta rete di primo livello (spieghiamo qui cosa significa).
Dopo aver visitato qualche profilo e stretto le prime amicizie potrete farvi un’idea di come vorreste che fosse il vostro. Un buon profilo a cui ispirarsi si nota subito.
LinkedIn risulta molto pratico perché la struttura del profilo è standardizzata, ossia composta da una sequenza ordinata di sezioni e sotto-sezioni predefinite, eventualmente riposizionabili a piacere.
È importante riempirne il maggior numero ma senza strafare: è controproducente scrivere centinaia di righe ovunque, ma piuttosto è meglio compilare il maggior numero di sezioni scrivendo poco, bene e chiaramente.
Non subissate il lettore di informazioni: colpitelo favorevolmente, non tramortitelo a suon di parole.
Compiuti questi primi passi nel mondo LinkedIn si può procedere con calma alla revisione e all’ampliamento delle informazioni appena inserite.
Cosa e come scrivere?
Un minimo di buon senso e di buon gusto sono essenziali per ottenere un profilo credibile e presentabile.
Buon senso significa logicità, plausibilità e onestà intellettuale: è rischioso spacciarsi per competenti in un determinato campo senza averne le capacità o il titolo per poterlo fare, rischiando di essere pubblicamente smentiti dal primo vero esperto che passa di lì per caso.
Chi legge un profilo – spesso abili HR – ci mette pochi istanti a capire se è di una persona sincera o se sta nascondendo qualcosa. Serietà e onestà, innanzitutto.
Se ci si dichiara esperti in una tecnologia o disciplina particolari, è importante riportare almeno un’esperienza lavorativa o di formazione pertinente a riprova di questa affermazione. Altrimenti chi legge il profilo sarà portato a considerarlo fasullo.
Attenzione alle parole straniere: se proprio si vuole o si deve usarle, meglio controllare di averle scritte correttamente, altrimenti ci si esporrà alle critiche e perfino ai dubbi dei visitatori sulla propria competenza in materia. Tutto ciò che viene scritto potrà essere usato come prova contro l’autore.
Buon gusto implica invece chiarezza espositiva, coerenza, consistenza anche estetica e cura del dettaglio.
Nella compilazione del profilo c’è in gioco la propria reputazione, per cui è bene presentarsi al meglio.
Esporre i concetti in modo lineare, con frasi brevi ma significative.
Rileggere attentamente per evitare strafalcioni, grossolani errori di grammatica, inesattezze e refusi (vedi Gli errori di italiano che non devono finire nel CV).
Parlando di estetica
-mai scrivere tutto in maiuscolo – nome e cognome compresi – perché è l’equivalente digitale di gridare;
-non alternare stili grafici diversi fra loro;
-non usare espressioni gergali fuori luogo;
-evitare totalmente lo stile SMS.
Quando infine si è scelto uno stile leggibile e gradevole alla vista, va mantenuto costante in tutto il profilo. Se si decide di cambiarlo va applicato a tutte le sezioni, non solamente ad una parte: non c’è nulla di peggiore di imbattersi in un profilo con uno stile grafico disomogeneo.
Il profilo è un documento serio, una sorta di biglietto da visita accessibile potenzialmente al mondo intero: se risulta pasticciato, l’autore stesso apparirà come un pasticcione. È come presentarsi ad un colloquio di lavoro trasandati. Diversamente da altri social network come Facebook e Twitter, LinkedIn è orientato al mondo professionale: è bene non guadagnarsi etichette negative.
I migliori profili, senza entrare nel merito dei contenuti, appaiono chiari, sintetici ma precisi, esteticamenti piacevoli ma non necessariamente minimalisti. Se ne incontrano relativamente pochi, ma non passano mai inosservati.
Chi la racconta?
Ogni persona ha il proprio modo per parlare di sé: c’è chi usa la prima persona, cercando di instaurare un rapporto diretto con il lettore, altri adottano la terza persona.
Qualunque sia la scelta, mai eccedere.
Il primo stile implica che ci si rivolga francamente all’interlocutore sconosciuto, che potrebbe non apprezzare il tono diretto ed “ammiccante”.
Il secondo stile comporta il trucco retorico dello “sdoppiarsi” per parlare di sé come se si trattasse di un’altra persona: senza porsi qualche freno ci si può facilmente coprire di ridicolo.
Non eccedete mai nel numero di righe o sembrerà un tema delle elementari su voi stessi.
Entrambi questi stili tendono a favorire la prolissità, spingendo a dilungarsi in righe e righe di descrizione, mentre lo stile impersonale può risultare decisamente più leggibile, schietto, meno noioso e borioso.
Una descrizione sintetica ma precisa delle attività svolte, un piccolo elenco ma in forma discorsiva e non per punti, è un esempio efficace di stile impersonale. Invece di dire:
“In azienda faccio questo. Poi faccio quello. Svolgo anche quell’altro.”
risulta più immediato:
“Attività svolte: questo, quello, quell’altro.”
Dopotutto è un profilo, non un CV e non è nemmeno una lettera di presentazione.
Raggiungere l’Obiettivo
Lo scopo primario di un profilo LinkedIn dovrebbe essere usarlo come mezzo per raggiungere un obiettivo preciso, come un lavoro nuovo e migliore, magari in un campo diverso da quello in cui si opera attualmente e non il parlare di sé stessi come fine ultimo e assoluto.
Per questo motivo è importante non presentarsi in termini generici: se il profilo LinkedIn assomiglia molto ad un semplice elenco di esperienze sconnesse fra loro non si staglierà dalla massa e passerà inosservato quanto il grigio in una tavolozza di colori.
Una volta stabilito il proprio obiettivo e deciso l’immagine che si vuole mostrare di sé stessi si possono cominciare a delineare i dettagli riportando solo ciò che può davvero attrarre l’eventuale recruiter, interessato a valutare rapidamente se si fa al caso suo o se sia meglio passare oltre: meno “rumore di fondo” si inserisce, meglio è.
Nello specifico non vanno indicate le scuole elementari (perché è ben difficile che un HR cerchi qualcuno che ha fatto le elementari presso un dato istituto) e i lavori non strettamente legati all’immagine che si sta proiettando. Se si vuole dimostrare di essere in grado di guidare un gruppo di persone non è utile indicare che si ha lavorato come cassiere in un fast food. Nessuno mette in dubbio l’esperienza di un individuo, però questo non significa che ci si debba approfittare del tempo concesso dal lettore. Si dice che un recruiter dedichi 30 secondi per leggere e valutare un CV: se gli si fa perdere tempo a scartare il superfluo, probabilmente resterà poco e nulla per le parti veramente interessanti.
Bisogna puntare sulla trasferibilità delle competenze, ossia scegliere ed evidenziare quali capacità si adattano meglio agli obiettivi prefissati. La parte più difficile sta proprio nel tagliare ripetutamente l’eccedente e riscrivere le frasi con le parole giuste, fino a giungere ad un profilo orientato in una direzione precisa, che trasuda gli obiettivi dell’autore fin dal sommario.
Scegliere i termini per far emergere le proprie capacità: se si punta, ad esempio, a un incarico di responsabilità, indicare esplicitamente di avere carta bianca nelle mansioni, di supervisionare il lavoro di altre persone in assenza del capo, di prendere decisioni importanti per conto terzi, di affiancare e consigliare i responsabili durante le riunioni, di accogliere in prima persona gli ospiti, di trattare con clienti e fornitori e così via. Tutte capacità tipiche di impieghi di alto livello e che opportunamente presentate potrebbero permettervi un balzo in avanti.
Viceversa, riportare meticolosamente tutte le proprie esperienze di lavoro in cucina può apparire inutile e probabilmente dannoso a meno che non abbiate lavorato come chef con molti sottoposti.
In certi casi può valere la pena quasi censurarsi, cioè rimuovere tutto quello che non si presta al raggiungimento dell’obiettivo o che potrebbe perfino risultare deleterio, senza però lasciare buchi temporali: un conto è omettere di aver lavorato come pizzaiolo nel weekend per arrotondare, un conto è non scrivere di averlo fatto quotidianamente per anni.
Ogni sezione e sottosezione può essere utile alla causa, non solamente quelle relative all’istruzione o all’esperienza lavorativa. Ad esempio è noto che gli hobby e le associazioni frequentate rivelino molto del carattere e che determinino certe assunzioni.
Pensare e progettare il profilo partendo da uno scopo lo renderà certamente interessante: dopotutto si tratta di un biglietto di visita pubblico e, entro certi termini, ne va del proprio prestigio personale. Eppure buona parte dei profili su LinkedIn appare “piatta”, scialba o perfino redatta con uno stile che ricorda più un necrologio che una storia professionale.
A seconda del profilo, analizzando attentamente le parole scelte dall’autore, si possono addirittura formulare ipotesi sulla causa di tale mediocrità: pigrizia, disinteresse, mancanza di fiducia nello strumento LinkedIn, mancanza di fiducia in sé stessi, esibizionismo nel voler mostrare ad amici e parenti proprio tutto quello che si sa fare e così via.
Orientare il profilo di LinkedIn di solito è un buon modo per evitare che ciò si verifichi.
Sezioni del Profilo – Riepilogo
È la prima sezione che compare leggendo un profilo LinkedIn ed è tanto importante quanto difficile da scrivere: il suo scopo ultimo è attirare, incuriosire il visitatore, invogliandolo cioè a dedicare più dei canonici 30/60 secondi che un recruiter dedica in media alla lettura di un singolo CV o profilo.
A sua volta questa sezione si suddivide in due: “Esperienza e obiettivi professionali” e “Specializzazioni“.
Esperienza e obiettivi professionali
La prima sottosezione serve a presentarsi, fornendo cioè l’occasione per un rapido riepilogo di sé stessi. Più è breve, meglio è: le persone tendono ad annoiarsi in fretta leggendo le agiografie autocelebrative di altri individui.
Meglio poche righe in cui condensare chi si è, quali siano gli ambiti operativi abituali, di cosa ci si occupa e a cosa si aspira. Se si conosce qualcosa di particolare, qualcosa che di solito incuriosisce le persone attorno, vale la pena aggiungerlo rapidamente. Lo scopo è attirare il lettore, accalappiarlo con qualche parolina apparentemente lasciata lì per caso.
Specializzazioni
La seconda sottosezione è indicata invece per esporre in modo generico ciò che si sa fare di particolare e possibilmente bene: le specializzazioni, appunto.
Una specializzazione non deve per forza di cosa essere associata ad una voce-esperienza – che tratteremo in un successivo post -: le qualità, capacità e specialità di una persona non vanno omesse dal profilo solamente perchè non hanno ancora trovato un loro sbocco in ambito lavorativo o perchè negli ultimi posti di lavoro non sono sfruttate adeguatamente.
Anzi, all’opposto, vanno evidenziate e questa è un’ottima sezione per poterlo fare: mai omettere quello che si sa fare. Se si hanno capacità, anche se al momento sono per forza di cose relegate in un angolo, ma pur sempre latenti, è sempre opportuno indicarle.
Essendo questa sezione autonoma e comunque iniziale, le specializzazioni possono essere rapidamente indicate sotto forma di lista. Nell’elencarle è comunque opportuno raggrupparle con una certa logica, che potrebbe essere per mansione lavorativa oppure anche in ordine alfabetico.
Nell’ottica di attirare il lettore questa è la sezione adatta per includere anche sigle, acronimi, parole-chiave, buzzword e slang particolari come “problem solving“, “team working“, “flessibilità“, eccetera.
Inoltre, avendo varie macro-aree di interesse si può pensare di organizzarle in altrettante liste, in modo che sia chiaro immediatamente al lettore quali settori e quali competenze o capacità si abbiano in ciascuno di essi.
Sezioni del Profilo – Esperienze Lavorative
Dopo aver attratto il lettore con un breve riepilogo di noi stessi, è il momento di entrare nei dettagli, cioè spiegare cosa si sta facendo attualmente e la passata esperienza lavorativa.
Questa sezione è analoga a quella di un comune CV e, avendone già compilato uno, si può partire importando le varie voci tramite un semplice copia e incolla. Poi pian piano si può rielaborare tutto, sintetizzando e ripulendo.
Partendo da zero?
Nel caso invece che non si abbia nulla di pronto, è normale non sapere cosa scrivere e non trovare le parole adatte per iniziare il discorso. Uno stratagemma rapido ed efficace consiste nel cercare sulla Rete qualche offerta di lavoro per la stessa posizione che ricoprite e “prendere ispirazione” dai requisiti richiesti al candidato-tipo.
In alternativa si può effettuare direttamente qualche ricerca in LinkedIn, inserendo la propria mansione lavorativa come chiave di ricerca. Siccome a figure lavorative identiche corrispondono di solito mansioni identiche o simili, basta scovare qualcuno che ha già espresso in termini comprensibili il suo lavoro per farsi un’idea di cosa scrivere.
Se questa ricerca è infruttuosa o insoddisfacente, i casi possibili sono 3
-si è sbagliato a cercare: si può riprovare con altri termini;
-il proprio lavoro non è così diffuso ed è quindi normale reperire poche informazioni utili;
-si è gli unici a svolgere quel lavoro o lo si è inventati di sana pianta, il che implica il rischio di non essere trovati e questa è una situazione particolarmente negativa.
Riempire le voci
Aggiungere una nuova esperienza è molto semplice. In modalità di modifica del profilo, basta premere sul link “Aggiungi una nuova posizione lavorativa” e si aprirà un’apposita form con i seguenti campi
-Nome azienda: ragione sociale dell’azienda, entità o istituzione presso cui si lavora. Meglio se indicata per esteso, quindi con suffissi come S.p.A. o S.r.l. LinkedIn offre una funzione di autocompletamento che permette di selezionare l’azienda se già presente nell’elenco del servizio; se invece non è presente o è stata aggiunta con un altro nome, verrà richiesto di inserire un paio di dettagli in più, ossia l’eventuale sito aziendale ed il settore di appartenenza.
-Qualifica: il titolo prefessionale ossia la qualifica operativa svolta in azienda. Ad esempio tecnico installatore o responsabile ufficio vendite. Si possono usare anche termini stranieri, purché scritti correttamente.
-Località: la sede di lavoro.
-Periodo di tempo: date di inizio e fine lavoro, tranne per il lavoro attuale che si indica tramite con la spunta nell’apposita casella “ttualmente lavoro qui”.
-Descrizione: qualche riga di spiegazione sull’attività svolta.br>
Il troppo stroppia
Mai eccedere in lunghi paragrafi autocelebrativi: meglio puntare su una descrizione sintetica e puntuale che non infastidisca o allontani il potenziale lettore. I recruiter non hanno molto tempo per analizzare in profondità i profili nelle prime fasi di un ricerca: se non trovano subito quello che cercano, passeranno al prossimo candidato.
Se la propria esperienza è mastodontica, è preferibile indicare solamente le voci significative per gli impieghi a cui si aspira ed omettere in blocco quelle di secondaria importanza. Può aver senso scrivere minuziosamente l’intera esperienza se si vuole dimostrare la propria flessibilità.
Le mansioni multiple
Ogni voce fa storia a sè. Se si svolgono più mansioni nella stessa azienda, significativamente distanti fra loro, può avere senso indicarle separatamente in modo da spiegare nel dettaglio cosa si fa.
Ad esempio se si è iniziato con una mansione che presenta aspetti tecnici (es: software developer) ottenendo poi un impiego di responsabilità (es: project leader), si possono inserire due distinte voci entrambe indicate come “lavoro attuale”.
Questa suddivisione non è un modo truffaldino per aumentare lo “spessore” del profilo, ma è un modo chiaro e opportuno di presentare la propria flessibilità di impiego nonché i meriti guadagnati sul campo.
In questa sezione, se lo si ritiene conveniente, si possono elencare anche gli strumenti utilizzati in ogni mansione in una piccola lista di “parole chiave” poste alla fine di ogni voce. In questo modo chi deve trovare informazioni specifiche sarà agevolato.
Sezione del Profilo – Formazione
n questa sezione si possono inserire i dettagli relativi alla propria istruzione come scuole, università, corsi speciali, eccetera.
Ogni singola voce è costituita dai seguenti campi, non tutti da riempire necessariamente
-Nome scuola o università: nome dell’istituto che avete o che state frequentando.
-Titolo di studio: titolo accademico e/o professionale ottenuto. Ad esempio “Perito capotecnico” oppure “Laurea Magistrale in Scienze Politiche”.
-Percorso di studi: identifica il campo di studio di pertinenza, eventualmente corredato da dettagli su specializzazioni o altro. Ad esempio, nel caso di un liceo si può inserire l’eventuale “indirizzo” come quello “tradizionale” o “informatico”.
-Periodo di frequenza: identifica gli estremi della propria presenza quella istituzione formativa.
-Valutazione: permette di specificare il voto finale
-Attività e associazioni: elenco di attività scolastiche/extra-scolastiche e di associazioni frequentate
-Altre note: ogni altro tipo di nota relativa alla propria frequenza presso quell’istituzione formativa e che non ricade nelle voci precedenti.
Quali istituti inserire?
Tanto per cominciare, essendo il profilo pensato in chiave professionale, non ha senso inserire ciò che non ha rilevanza lavorativa. È superfluo dire (ma è meglio ricordarlo) che è un grave errore menzionare perfino gli istituti frequentati durante la cosiddetta “scuola dell’obbligo”: niente elementari e medie inferiori.
Per il resto, ogni corso che abbia una qualche valenza accademico-professionale può trovare spazio in questa sezione. Si va quindi dalle medie superiori ed università eventualmente frequentate, ai singoli corsi accademici svolti per proprio conto. Idealmente ogni corso di una certa durata e svolto presso qualche istituzione riconosciuta è un buon candidato per l’inserimento.
È preferibile invece inserire eventuali corsi di certificazione professionale nella sezione addizionale dedicata a tale scopo e che tratteremo in un successivo articolo di questa guida.
Attenzione ai titoli accademici
Nel caso abbiate deciso di seguire il consiglio di preparare anche una versione in un’altra lingua del vostro profilo è raccomandabile la massima attenzione in fase di traduzione dei titoli accademici e professionali acquisiti. Ogni Stato, trattati internazionali a parte, mantiene una certa autonomia circa il conferimento di alcuni titoli, per cui quello che vale in Italia non necessariamente vale all’estero.
È il caso del titolo di “dottore” (da Wikipedia), abituale fonte di confusione nei lettori stranieri:
“Particolare attenzione va fatta nell’utilizzare il titolo italiano di “dottore” all’estero (in particolare nella traduzione “Doctor”) se non si possiede il titolo di “dottore di ricerca” o una laurea in Medicina e Chirurgia.
Attenzione dunque ai termini tradotti, soprattutto a quelli “generici” come dottore, evitando di tradurli se non si possiedono in “senso internazionale”.
In caso di dubbio meglio indicare solamente la classe di laurea senza ulteriori titoli. Ad esempio si è ottenuta una laurea triennale in qualche disciplina scientifica si può indicare “Laurea Triennale in …” ed usare Bachelor (of Science) o una delle sigle BS/BSc nella traduzione inglese del profilo.
Wikipedia riporta diverse voci come Bachelor o Master’s Degree utili per determinare il nome internazionale delle varie lauree.
I dottorati di ricerca completati vengono normalmente indicati con la sigla Ph.D. o PhD. Se invece lo state svolgendo potete mettere PhD Student. Considerando l’enorme valore anche nel mercato del lavoro di questo titolo accademico – soprattutto all’estero, a dire il vero – ha ovviamente senso entrare un po’ più nei dettagli della vostra ricerca, senza ovviamente eccedere.
Cosa vale la pena inserire in “altre note”?
Questa è la sezione adatta ad inserire ogni tipo di dettaglio utile a definire e distinguere la vostra esperienza in quell’istituzione formativa.
Nel caso di una laurea, qualora la tesi presentasse un uso di tecnologie e concetti particolarmente interessanti, si può decidere di indicare il titolo della relazione di laurea ed eventualmente una breve descrizione delle tematiche affrontate, anche solo come un elenco di parole-chiave.
Volendo può essere opportuno aggiungere qualche nota circa eventuali “orientamenti didattici” ossia le specializzazioni primarie/secondarie che avete scelto per il vostro corso di laurea (normalmente in questo caso si parla delle lauree triennali o equivalenti).
In Italia sono talvolta indicati come “curriculum del corso di Laurea” mentre negli altri Stati assumono altre denominazioni: ad esempio negli USA sono noti come minor e major, a seconda dell’importanza di una specifica sottospecializzazione rispetto al corso di studio “principale”.
Inutile dire che se nella vostra carriera scolastica/accademica avete ottenuto menzioni d’onore è opportuno indicarle. In alternativa, potrete farlo nella sezione “Riconoscimenti e Premi“, che vedremo più avanti.
Nella sezione “Formazione” trovano giusta collocazione anche corsi di specializzazione post-laurea come i Master, da non confondersi con le lauree specialistiche/magistrali indicate come Master’s Degree.
Se lo ritenete opportuno potete inserire in questa sezione anche le eventuali abilitazioni professionali, specialmente se particolari o non intuitive. Per esempio, se superate l’Esame di Stato da ingegnere e vi siete iscritti al relativo Albo professionale, potete aggiungere che siete diventati “ingegneri professionali”, segnalando il fatto nell’eventuale profilo in inglese tramite una delle varie sigle a disposizione come P.Eng..
Gli stage con valenza didattica (es: stage di tesi) o condotti in collaborazione con istituti didattici possono essere indicati in questa sezione. Gli stage o i tirocini di natura propriamente professionale possono invece essere indicati nella sezione “Esperienza“.
L’esperienza didattica e accademica
È un dato di fatto che l’esperienza accumulata durante corsi e stage didattici spesso non venga considerata come vera e propria esperienza lavorativa, per cui può apparire scorretto inserirla nella sezione “Esperienza”.
Questo non significa che dobbiate vergognarvene ed ometterla totalmente dal vostro profilo: se ritenete che sia stata valida ed importante per voi indicatela qui in “Formazione”. Ovviamente evitate di inserire qualunque tipo di voce superflua, di secondaria importanza o peggio, ridicola.
Mai omettere informazioni importanti
Se anche non avete portato a termine un qualche corso scolastico – intendo principalmente quelli di laurea, in università – vale comunque la pena indicare che avete frequentato quello/quegli istituti.
Così come non siete obbligati a scrivere i dettagli dei vostri titoli raggiunti – laurea, voto finale, eccetera – non siete nemmeno tenuti a scrivere esplicitamente che non avete terminato qualche corso. Siete voi a scegliere quello che volete che gli altri sappiano di voi. Tenete tuttavia presente che gli altri sono liberi di non credere per forza a tutto quello che scrivete. Ho conosciuto un discreto numero di persone che per qualche motivo – spesso per vergogna – hanno ostinatamente deciso di non scrivere nulla dei loro trascorsi all’università, semplicemente perché non hanno completato il corso di laurea.
Considero questo fatto un’omissione particolarmente grave, al limite del suicidio professionale.
Quando mi viene chiesto un parere sull’argomento, esorto sempre l’interlocutore di turno a non nascondere questo tipo di informazione, a meno di casi eccezionali o di strategie particolari. Ciò perché, se scoperti, si finisce poi a dover spiegare il perché di quell’omissione e questo, di norma, risulta ben più imbarazzante del dover spiegare perché non si è arrivati alla fine del corso di laurea.
“Excusatio non petita, accusatio manifesta“
Qualunque sia il vostro caso, non tiratevi la zappa sui piedi: così come non dovete nascondere chi siete e cosa/dove avete studiato, è inutile fornire giustificazioni sul perché non avete terminato questo o quel corso di studio. Chi si scusa, si accusa.
Anzi, a voler ben vedere, in un profilo/CV non si dovrebbe giustificare proprio nulla perché non è la sede opportuna per farlo.
Limitatevi ad indicare il nome dell’istituto, la facoltà/materia ed il periodo in cui avete frequentato (ricordate: niente buchi temporali nel profilo!); se è il caso aggiungete qualcosa di particolare che avete seguito o qualche attività extra-curricolare che avete svolto.
Esempio
Università di Topolinia
Scienze disneyane applicate
2000 – 2001
Attività e associazioni: disegno artistico, paperologia avanzata
Tutto qui: non scrivete altro.
Aspettate almeno di sentirvelo chiedere esplicitamente da un recruiter a colloquio, faccia a faccia e nel suo ufficio.
Non confondete l’onestà, giusta e doverosa, con quella che in realtà non è altro che una vistosa carenza di un briciolo di astuzia nonché di amor proprio. Farsi trovare non è facile, se poi vi boicottate con le vostre mani, facendovi scartare direttamente in fase di lettura del vostro profilo.
I voti
Infine, il discorso voti, relativo ad esami, diplomi, lauree, attestati, certificati, eccetera. Per quanto non sia obbligatorio aggiungerli nelle varie voci-educazione, può comunque tornare utile farlo, soprattutto nel caso siano relativamente alti: certe offerte di lavoro prevedono esplicitamente determinate qualifiche e, in un discreto numero di casi (soprattutto all’estero), anche una precisa votazione minima.
Se decidete di inserire un voto, ricordatevi sempre di indicarne anche il “limiti” di votazione, ossia il fondo scala (es: 110/100 e lode per le lauree italiane): agevolerà gli eventuali reclutatori nell’atto di capire se una determinata persona soddisfa o meno un certo requisito. Ad esempio, un recruiter americano, potrà tentare di convertire numericamente il vostro voto di laurea italiano nell’equivalente grade point average (GPA).
In alcune Università (es: politecnici) prima del passaggio al Nuovo Ordinamento, il voto di laurea era espresso in centesimi e non in centodecimi. Essendo lo standard italiano ormai uniformato sui centodecimi, indicare il voto ma senza il “fondo scala” può quindi portare a fraintendimenti. Non rischiate.
Sezioni del Profilo – Competenze
Questa sezione permette di elencare rapidamente le proprie competenze, conoscenze e capacità particolari che comunemente sono riassunte con il termine inglese skills.
Inserimento di nuove competenze ed esperienze
Se ne possono indicare al massimo 50 e compariranno sotto forma di una sequenza di piccoli riquadri facilmente individuabili nonché ricercabili nel profilo: aggiungerne una è equivalente a inserirsi in una sorta di “categoria”, una specie di gruppo a cui appartengono tutte quelle persone che l’hanno indicata nel proprio profilo. (nell’immagine colori e layout potrebbero essere diversi perché LinkedIn sta attivando gradualmente una nuova versione dei profili).
Aggiungerne di nuovi è estremamente semplice: la funzione di autocompletamento, che si attiva digitando qualche lettera, permette di trovare in fretta quello che serve dall’elenco delle skill già presenti nei database di LinkedIn. È chiaramente possibile inserirne di nuove non presenti nell’elenco, anche se l’assenza è già un chiaro segno che è meglio sceglierne altre.
Ogni skill significativa ha infatti una sua “pagina” riservata, raggiungibile cliccando sul relativo riquadro: facendolo, oltre ad una descrizione, compaiono statistiche interessanti come indice di crescita, numero di persone che l’hanno scelta e distribuzione delle età delle suddette.
Più è popolare una skill meglio è, soprattutto in termini di reperibilità: le skill, il loro formato grafico, la loro precisa collocazione nel profilo rappresenta l’ennesimo aiuto per recruiter in cerca di candidati.
Cosa indicare
Per quanto apparentemente semplice da riempire, si pone il problema di cosa inserire in questa sezione.
Esistono varie scuole di pensiero, ognuna delle quali ha dei propri criteri: c’è chi inserisce solamente skill generiche come problem solving o leadership, chi aggiunge sigle/acronimi o riferimenti tecnici precisi come nomi di linguaggi di programmazione particolari.
Da notare che questa sezione al momento è globale, cioè condivisa fra le varie lingue in cui si è scritto il profilo per cui è importante scegliere delle parole che siano globalmente riconoscibili. Ad esempio, se si ha il profilo in italiano ed inglese, a seconda dell’importanza che si attribuisce a ciascuna lingua – cioè al mercato a cui si punta maggiormente, nazionale o internazionale -, è meglio indicare le competenze nell’una o nell’altra.
Di certo non sono strategie di inserimento valide né l’aggiungere termini a caso e senza un’idea di fondo e neppure mischiarli a casaccio, pur avendola.
A scelta compiuta, a quel punto vale la pena riordinarli.
Attualmente LinkedIn non consente di farlo agevolmente: se li si vuole in ordine alfabetico è necessario farlo manualmente. Ad esempio copiandoli tutti in un Blocco Note, riordinarli a mano e infine reinserendoli una per volta in LinkedIn.*
Con la nuova versione dei profili (come mostrato nella figura sopra) sarà possibile spostarli semplicemente trascinandoli.
Costruire la Rete di Contatti
Una parte fondamentale della vita su LinkedIn è rappresentata dalla ricerca e dall’acquisizione di nuovi contatti, cioè persone presenti nella propria rete di conoscenze che si possono sfruttare come ponte per arrivare ad altre persone.
A meno di acquistare un account premium su LinkedIn, l’account base è limitato e non permette di aggiungere persone fuori da una certa distanza, per cui la presenza-ruolo dei contatti intermedi è essenziale in chiave di espansione.
La distanza è il numero di contatti interposti fra due persone. Le persone con cui si è in contatto direttamente costituiscono la rete di primo livello (distanza 1), la rete di secondo livello è composta dai contatti dei nostri collegamenti (distanza 2), la rete di terzo livello rappresenta quelle persone che sono raggiungibili solo tramite intermediari in file (distanza 3) ma in realtà non sono contattabili con l’account base.
Disporre di un’ampia rete offre diversi vantaggi
-visibilità: più è ampia la rete, più si è facilmente individuabili;
-credibilità: avere nei propri contatti una certa persona può tornare utile a dimostrare di conoscerla davvero;
-espandibilità: le opportunità di espansione aumentano esponenzialmente col numero di contatti via via acquisiti.
Un primo banale trucco per espandere la propria rete consiste nell’osservare i movimenti dei propri collegamenti diretti.
Salvo limitazioni particolari, discussi più avanti, è possibile osservarne l’attività sotto forma di notifiche che compaiono nella pagina principale di LinkedIn: nuove mansioni o lavori, nuove iscrizioni ai gruppi e, appunto, nuovi contatti aggiunti.
Per cui ad esempio si può decidere di invitare una persona – cliccando sul suo nome e poi sul pulsante Collegati che compare in alto a destra nel profilo del contatto – semplicemente perché è stata appena aggiunta da un’altra conoscenza.
LinkedIn offre una comoda funzionalità di ricerca di persone direttamente dalla sua home page, tramite l’apposita casella di ricerca in alto a destra.
Sono inoltre disponibili funzioni di ricerca avanzate, che permettono ad esempio di trovare colleghi, ex-colleghi o ex compagni di scuola. Il servizio include anche un elenco di persone potenzialmente conosciute (Persone che potresti conoscere), aggiornate dinamicamente sulla base della rete di conoscenze attuale.
È inoltre possibile aggiungere collegamenti tramite un elenco di email, importandoli da file (Importa i tuoi contatti email dal desktop), oppure manualmente, indicando gli indirizzi mail uno per uno, separandole con una virgola (Inserisci gli indirizzi email).
Scelto un nuovo contatto da aggiungere, si passa poi al modulo di compilazione e personalizzazione del messaggio di invito.
Il meccanismo di aggiunta di nuovi contatti si basa su un semplice meccanismo di invito a cui segue una conferma-accettazione, un rifiuto motivato o con l’ignorare l’invito in modo silente.
All’atto dell’invito, è possibile includere nell’apposito modulo un messaggio di richiesta. LinkedIn ne fornisce uno standard, alquanto scarno ed essenziale: “Vorrei aggiungerti alla mia rete professionale su LinkedIn.“. Per quanto non sia offensivo utilizzarlo così com’è, è generalmente buona cosa personalizzarlo.
Ad esempio è considerato corretto ed elegante presentarsi, magari ricordando all’invitato chi si è, o come ci si è conosciuti, prima di passare alla vera e propria formula di invito. È importante ricordarsi sempre di ringraziare: accettare un invito è comunque una cortesia, così come lo è porgerlo a qualcuno.
Se siete in cerca di ispirazione per scrivere il messaggio di invito potete sbirciare il nostro post: Come scrivere il messaggio di presentazione su LinkedIn.
Un esempio di messaggio di invito personalizzato
Quale che sia il messaggio di invito prescelto, predefinito o personalizzato, il modulo chiede di precisare in che tipo di rapporti si è con la persona che si sta invitando: colleghi, ex compagni di scuola, partner commerciali, amici o sconosciuti. Nel caso non ci si dichiari in rapporti stretti verrà chiesto di inserire la mail del contatto – normalmente visibile solo se si è già connessi a quella persona – a riprova del fatto di non essere degli spammer e che si conosca davvero quella persona.
Va detto che su LinkedIn è abbastanza comune essere invitati da perfetti sconosciuti, che “si spacciano” per amici o colleghi per evitare di dover inserire l’indirizzo della mail, che ovviamente non conoscono. Non è il massimo dell’eleganza, ma è certamente un metodo efficace per entrare in contatto rapidamente con le persone. Inoltre, se il mittente intende offrire qualcosa di potenzialmente interessante, forse vale la pena soprassedere sulla forma. Nel caso si voglia seguire questa strada,sarebbe buona norma porgere diplomaticamente le proprie scuse per averlo fatto: “Mi scuso per essermi indicato come suo amico, ma…“.
Infine, se si vuole collegarsi ad una persona nota a qualcuna delle conoscenze, si può chiedere a qualcuna di queste ultime di garantire per noi, cliccando su Fatti presentare da un collegamento.
Apparirà un elenco di conoscenze che sono già collegate a quella persona da cui potrete sceglierne una. Il passo successivo è chiedere di “essere introdotti” a quella persona-obiettivo tramite l’”intermediario” appena scelto: il tutto avverrà tramite una comoda form predisposta da LinkedIn. Se l’intermediario accetterà la richiesta, allora l’invito giungerà finalmente a quella persona come “richiesta avallata” dall’intermediario stesso.
Espandere la Rete di Contatti
LinkedIn è un social network di tipo professionale per cui è importante scegliere e seguire una strategia di espansione della propria rete di contatti che ci assicuri il raggiungimento dei nostri obiettivi.
Che si tratti di aumentare la propria visibilità o promuovere un prodotto, è essenziale condividere informazioni col più alto numero di persone.
Esistono varie strategie di costruzione della propria rete di contatti ma principalmente tre
-Espansione sistematica
-Espansione ragionata e ristretta
-Espansione tramite partecipazione attiva
Espandere la rete LinkedIn in modo sistematico
Si tratta dell’approccio più semplice ed immediato da seguire: si punta a collegarsi, invitando o accettando l’invito di chiunque, anche se si tratta di completi sconosciuti.
Ha l’indubbio vantaggio di ampliare costantemente il numero dei contatti diretti e indiretti, aumentando esponenzialmente anche l’utilità della propria rete: un numero alto di contatti significa aumentare la propria visibilità nelle ricerche e viceversa aiuterà a individuare persone interessanti.
Una delle critiche ricorrenti a questo approccio è quello di portare alla creazione di una rete finta, “sporcata” dalla presenza di molti individui sconosciuti e quindi professionalmente poco rilevante. Ma non è questo lo scopo: questo è l’approccio migliore per chi non trova o non ha già contatti, per chi non si sente o non è abbastanza importante per avere una rete ricca, per chi ha necessità di trovare immediatamente uno sbocco professionale.
Espandere la rete LinkedIn in modo accurato
Un’altra filosofia di costruzione della rete di contatti, predilige invece il collegamento solamente a persone con c’è già un vero e proprio legame, sia esso lavorativo, di amicizia, conoscenza o familiare.
In questo modo si ottiene una rete professionale pulita, composta da un numero probabilmente più basso di contatti ma di qualità: LinkedIn può essere usato anche come il proprio personale registro online dei contatti e quindi può valere la pena evitare di riempirlo di contatti inutili o superflui per il proprio lavoro.
Ogni contatto nella rete rappresenta una forma di legame, sia esso effimero o solido. Accettare tutti, indiscriminatamente può essere rischioso per la propria “immagine”, per cui un minimo di “selezione all’ingresso” non fa comunque male.
In ogni caso è molto più facile rifiutare o ignorare una richiesta di contatto che non doverlo eliminare o bloccare in un secondo momento.
Espansione tramite partecipazione attiva
LinkedIn non è soltanto una vetrina di persone ma mette a disposizione strumenti di aggregazione e comunicazione come un vero social network.
Un esempio lampante sono i gruppi (di cui parleremo approfonditamente in un successivo post), in cui è possibile trovare e condividere informazioni e notizie utili in chiave lavorativa.
Partecipare attivamente alle discussioni è un buon modo per aumentare la propria visibilità, mostrare le proprie competenze e acquisire nuovi collegamenti, solitamente di buona qualità perché con interessi affini.
Un esempio pratico dell’importanza della rete
Nell’ultimo decennio sono nate e si sono via via sempre più affermate una serie di nuove professionalità in cui l’aspetto “social”, ovviamente rivolto in prospettiva business, è estremamente importante: esperti SEO/SEM, di marketing, di gestione di community, … gli esempi davvero si sprecano.
Nulla da stupirsi quindi se il numero di contatti sui social network sta diventando l’ennesimo criterio per essere assunti e poter svolgere quel tipo di lavoro: tale numero rappresenta una conferma lampante per un recruiter del lato “social” del candidato, nonchè della capacità di quest’ultimo di crearsi ed organizzarsi una potenziale clientela sul web. In pratica il bacino di contatti/clienti visto come un equivalente minimale del “portfolio” richiesto, ad esempio, ad un web designer.
Privacy
A meno di prendere specifici accorgimenti del caso, LinkedIn notifica tutte le proprie attività ai propri contatti. In altre parole, aggiungere qualcuno nella propria rete implica accettare di tenerlo informato sui propri movimenti, con tutte le conseguenze del caso.
Fortunatamente LinkedIn fornisce apposite impostazioni di privacy per limitare o addirittura disabilitare la diffusione di questo tipo di informazioni, rendendole quindi private o confidenziali.
Per farlo basta accedere al pannello Gestione privacy: cliccate sul vostro nome in alto a destra, poi su Impostazioni e quindi Profilo.
Le impostazioni della privacy in LinkedIn
-Attiva/disattiva la diffusione della tua attività: togliendo il segno di spunta a Informa tutti quando modifichi il tuo profilo, scrivi una segnalazione o segui un’azienda, bloccherete l’invio in broadcast di tutto quello che fate ai vostri contatti. Come saggiamente indicato da LinkedIn “potresti disattivare questa opzione se sei alla ricerca di un lavoro e non vuoi che il tuo attuale datore di lavoro veda che stai aggiornando il tuo profilo”. Se non è questo il caso o non ci sono motivi plausibili per disattivare questa funzionalità, lasciare il segno di spunta non creerà particolari problemi.
-Seleziona chi può vedere il feed dell’attività: permette di decidere chi è autorizzato a vedere un elenco (feed) di tutte le vostre ultime attività. Le opzioni sono quattro, via via più restrittive: Tutti, La tua rete, I tuoi contatti e Solo tu. A meno di particolari situazioni tali da spingere alla privacy più assoluta (es: si è alla ricerca di un lavoro e non si vuole farlo sapere in giro) una delle prime tre voci di solito si rivela adeguata.
-Seleziona le informazioni che gli altri vedono quando visiti il loro profilo: permette di definire cosa mostrare quando si visita il profilo di qualcuno. In questi casi la visita viene tracciata e l’utente può esserne informato tramite il modulo Chi ha visitato il tuo profilo? A questo punto si può decidere di comparire in quel modulo con nome e sommario, in formato anonimizzato oppure come perfetti anonimi. La prima voce, predefinita, riporterà all’autore profilo visualizzato che siete stati proprio voi a visitarlo; nel secondo caso questi saprà di aver ricevuto una visita da qualcuno di sconosciuto e che lavora genericamente in un dato settore; nell’ultimo caso saprà di aver ricevuto una visita da un anonimo.LinkedIn suggerisce di mantenere la prima voce perché scegliere una delle due restanti implica perdere la possibilità di vedere le statistiche di accesso al proprio profilo. In altre parole, si può vedere da anonimi il profilo di terzi, ma per farlo si rinuncia a sapere chi ha visitato il proprio: una scelta decisamente svantaggiosa, perché significa accettare di non sapere chi è interessato al proprio profilo né quanto questo sia buono nell’attirare lettori.
Inoltre vale la pena sottolineare come i profili “non premium” possano vedere al massimo 5 nomi di visitatori recenti nel modulo Chi ha visitato il tuo profilo?, per cui è possibile, statistiche alla mano, visionare il profilo di qualcuno senza che questo lo venga a sapere.
-Seleziona chi può vedere i tuoi collegamenti: è probabilmente la voce più importante di tutte. Cambiando la voce da I tuoi collegamenti a Solo tu si decreterà l’impossibilità da parte dei propri contatti di accedere all’elenco completo di tutte le proprie connessioni, cioè impedire loro di visionare l’intera vostra rete.
-Modifica la foto del profilo e la visibilità: tramite questo pannello è possibile caricare una propria foto che, di norma, apparirà nel profilo e nelle ricerche. Sempre nello stesso pannello è possibile restringerne la visione ai collegamenti, alla rete oppure a tutti. La fotografia è qualcosa di strettamente personale per cui è accettabile restringerne l’accesso alle sole conoscenze o, al massimo, alla rete (contatti di contatti fino ad una certa distanza). Se invece non si ha una particolare necessità di controllo della propria immagine, allora l’opzione tutti non creerà particolari problemi.
-Mostra/nascondi il modulo “Gli utenti che hanno visualizzato questo profilo hanno anche visualizzato…”: permette di nascondere dal profilo il riquadro che contiene un piccolo elenco di persone in qualche modo legate a voi o il cui profilo è stato spesso visualizzato insieme al vostro. Una sorta di analogo del Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche… di Amazon solo che in questo caso si parla di profili, non di libri o altra merce. Anche in questo caso, a meno di particolari necessità, lasciare abilitata la funzionalità non creerà particolari problemi.
Attenzione a limitare troppo i propri movimenti
Restringere la visualizzazione dei propri movimenti su LinkedIn non è sempre e per forza di cose la strada migliore da seguire. Diventare troppo paranoici, magari cambiando da un giorno all’altro le impostazioni sulla privacy, può insospettire o comunque attirare l’attenzione su di voi in modo negativo.
Inoltre limitare la diffusione delle proprie attività può risultare controproducente se si vuole essere facilmente trovati o anche in chiave di personal branding: ogni attività notificata ai propri contatti rappresenta un buon modo, rapido ed efficace per autopromuoversi. comparendo regolarmente nella loro home page, facendo rumore per così dire.
A prescindere dalla scelta adottata, restrittiva o meno che sia, è fondamentale essere consapevoli che in un modo o nell’altro tutte le proprie attività su LinkedIn sono tracciate, anche se non sono visualizzabili liberamente da chiunque.