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Il proiettore cinematografico è un apparecchio in grado di proiettare su uno schermo, a intervalli di qualche centesimo di secondo, i fotogrammi contenuti in un pellicola che scorre in modo continuativo, passando attraverso un obiettivo che serve a mettere a fuoco l’immagine.
Funzionamento
Il meccanismo principale del proiettore cinematografico è quello che serve a far scorrere la pellicola in modo alternato, grazie a una croce di malta o, nei modelli più avanzati, a un motore aggiuntivo a trazione diretta. Questo movimento consente a ogni fotogramma di passare davanti a una lampada, per un ventiquattresimo di secondo (nei modelli con standard a 24 ft/s), che proietta un fascio di luce. La luce illumina il fotogramma e passa poi attraverso un obiettivo che la indirizza su uno schermo e mette a fuoco l’immagine. Durante questa fase interviene un altro componente, ad esempio un otturatore a farfalla o a pale, che serve per interrompere la luce di modo che l’occhio umano non riesca a cogliere lo spostamento del fotogramma.
Anche se i fotogrammi che, in un secondo, passano nel fascio di luce sono 24, questo non vuol dire che il proiettore generi 24 lampi di luce, come sarebbe logico pensare: in verità i lampi proiettati sono il doppio, visto che l’occhio non è in grado di cogliere l’alternanza di buio e luce al di sotto dei 50 cicli per secondo.
L’otturatore, quindi, è progettato in modo da effettuare un minimo di due chiusure per ogni fotogramma; ad ogni otturazione il fascio di luce si interrompe per nascondere all’occhio il passaggio al fotogramma successivo e per compensare l’incremento dei lampi di luce. Questo vuol dire che nel corso di una qualsiasi proiezione cinematografica in ogni secondo si verificano 48 lampi di luce sullo schermo, un valore tutto sommato molto simile ai cinquanta cicli percepibili dall’occhio umano. L’avanzamento della tecnologia ha anche recentemente reso possibile il raggiungimento della ragguardevole cifra di 72 lampi per secondo, grazie all’introduzione delle cadenze multiple.
Lampade
I primi modelli di lampada utilizzati in ambito cinematografico utilizzavano una miscela di ossigeno e diversi tipi di eteri; una soluzione che, se abbinata all’alto grado di infiammabilità delle prime pellicole in cellulosa, risultava essere molto pericolosa. Uno dei più gravi incidenti della storia del cinema dovuto a questo tipo di problema risale al 1897, nel corso di un evento benefico organizzato dall’aristocrazia francese a Parigi: una manovra sbagliata di riaccensione della lampada causò un incendio che distrusse il padiglione in cui si svolgeva la festa e provocò il decesso di centoventuno invitati.
Questo gravissimo incidente causò la sospensione immediata delle lampade a fiamma. La successiva diffusione della rete di elettricità permise di utilizzare le lampade ad arco elettrico, utilizzate ancora oggi per le proiezioni professionali. In questi modelli di lampada, l’arco viene creato da due elettrodi posti a distanza ravvicinata all’interno di uno spazio gassoso, che formano una scintilla e vengono poi allontanati, permettendo la creazione, appunto, di un arco. La posizione di fuoco ottico e l’avanzamento dell’arco era assicurato da un piccolo motore elettrico, che compensava anche il loro consumo. Anche nell’odierna era del cinema digitale la sorgente di luce è costituita da una lampada ad arco, generato però da apposite lampade ad alta pressione allo Xeno.
Oggi esistono ampolle piene di gas, ad esempio lo xeno, che contengono due elettrodi che vengono innescati non in modo meccanico come succedeva un secolo fa, ma tramite una scarica elettrica ad elevatissimo voltaggio. Questo tipo di lampade viene utilizzato perché la luce che emettono è molto bianca, con una temperatura di colore che si aggira tra i 5600 e i 6200 K, ossia una temperatura paragonabile a quella della luce del sole, in un momento di massima luminosità.
Nei proiettori casalinghi e destinati all’uso amatoriale, come spiegato in questa guida sui proiettori per home cinema, invece, si utilizzano lampade alogene che permettono di creare una luce con una temperatura di colore di 3200 K. Questo vuol dire che la luce emessa contiene una frequenza di rosso in quantità superiore, adatta alle pellicole amatoriali come la Kodachrome, che consentono di ottenere una luce più calda e gradevole.